Il 28 novembre, a palazzo Gagliardi, nell’ambito delle manifestazioni organizzate per “Vibo capitale italiana del libro 2021”, Piero Muscari avuto il piacere di ospitare – nella quarta serata dedicata al tema delle donne – Tiziana Ferrario per la presentazione del suo ultimo romanzo “La principessa afghana e il giardino delle giovani ribelli”. Giornalista che ho avuto modo di incontrare più volte in queste ultimi anni – a Cosenza, premiata insieme a Oliviero Beha con il “Premio Catrolibero”, e anche a Spilinga, nell’ambito della manifestazione “‘Ndujamo”- , Tiziana Ferrario, che è stata uno dei volti più noti del Tg1, negli anni ha documentato guerre e crisi umanitarie in vari luoghi del mondo, tra cui l’Afghanistan. E proprio in questo Paese, martoriato da conflitti e guerre, dove i Talebani, dopo il ritiro delle forze statunitensi, hanno nuovamente ripreso il potere, la Ferrario ha ambientato il suo romanzo.
Durante l’incontro la Ferrario ha raccontato la sua esperienza in Afghanistan, iniziata quando erano al potere per la prima volta “gli studenti delle scuole coraniche”, subito dopo la guerra civile. Un paese di macerie e di silenzi, dove Gino Strada – che Tiziana ricorda con grande stima – costruiva i suoi ospedali e profondeva il suo impegno umanitario, con milioni di afghani fuggiti nei campi profughi o altrove, nelle nazioni vicine, e le donne chiuse dentro casa, alle quali era impedito studiare, lavorare, talvolta lapidate negli stadi, negli intervalli tra un tempo e l’altro degli eventi sportivi.
Dopo aver raccontato per tanto tempo l’Afghanistan come inviata di guerra a Kabul, la Ferrario torna in Afghanistan con questo romanzo tratto da una storia vera, che dà voce a una donna afghana, ostinata fautrice di pace, la cui famiglia è stata brutalmente scacciata e costretta all’esilio. Homaira, la principessa che dà il titolo al libro, esule a Roma, è nipote dell’ultimo sovrano afghano, Re Zahir Shah, l’uomo che ha retto il Paese dal 1933 al 1973, prima di essere spodestato con un colpo di stato.
La Ferrario ha conosciuto personalmente Homaira durante il suo lavoro giornalistico: la principessa afghana è oggi una sua cara amica. Attraverso la storia di questa principessa si dipana la storia dell’Afghanistan, da cui emergono altre storie e le tanti voci che evocano la quotidianità di un paese dove le donne che lavorano – coraggiose giornaliste, studentesse, insegnanti, medici, poliziotte, giudici, musiciste, disegnatrici, appassionate di moda, sminatrici, sportive e tante altre – sono le nuove protagoniste di una lotta impari per la libertà. Donne in lotta contro un mondo di uomini che le vuole assoggettate e sottomesse.
Homaira aiuta le donne che bussano alla sua porta, mentre l’integralismo avanza seminando odio e vendetta. Ricorda un tempo in cui il Paese, terra di cultura e di tradizioni millenarie, era meta di viaggiatori e di hippie. Pagine commoventi e piene di passione tracciano il volto di una generazione che non vuole cedere. La narrazione ripercorre quasi un secolo di storia, attraverso le storie di queste donne che combattono per continuare a difendere ciò che sono. “Dovevo raccontare le loro storie, – ha dichiarato la Ferrario – perché chi ancora non si è arresa non sia abbandonata e perché nessuno possa dire: io non sapevo”.
È intervenuta il sindaco Limardo, con la quale si discute di questo Paese nel quale, al di là delle notizie stereotipate e ufficiali, è in corso una resistenza passiva di donne e uomini, ragazzi e ragazzi, che dopo un ventennio di libertà non intendono più rinunciare ai loro diritti. In un contesto difficilissimo, dove si sta consumando una tragedia umanitaria devastante perché non vengono più pagati gli stipendi prima a carico dei fondi internazionali (congelati dagli americani subito prima di andare via). I bambini muoiono di fame (3 milioni a rischio di morte) e tutta la popolazione ha bisogno di aiuto (cibo, farmaci e cure mediche). L’inflazione galoppante non aiuta, perché il costo dei generi di prima necessità è salito alle stelle. Il rischio è che tutto sia dimenticato e archiviato, come tante tragedie del nostro tempo. Interviene, infine, anche l’Assessore alla cultura, Rotino, che dichiara, a nome del comitato organizzatore di “Vibo capitale del libro” di avere scelto il romanzo della Ferrario per l’ambito dell’attualità: ciò significherà portarlo ovunque:’, a partire dalle scuole, ma anche fuori dagli spazi ufficiali della trasmissione del sapere, nelle carceri, ad esempio, e in tanti altri luoghi che la mission di “Vibo capitale del libro” ha eletto come palcoscenico privilegiato di un nuovo modo di fare cultura.